Un giorno il gabbiano cantò e cantò forte per ascoltare la propria voce. Il verso è di Edward G. Leing, che così evoca lo strazio della mente, stretta nei limiti del quotidiano. Silvia Carmela Messina, che si definisce non poetessa ma scrive poesie, mi ricorda il gabbiano di Leing. La sua vita è ciò che le accade mentre sta facendo altro o, almeno, così la racconta. Insegna materie letterarie nella scuola statale secondaria. Vive un tempo sospeso. Eppure è altro la sua opera. L’esperienza culturale dell’Oriente e della medicina cinese sposa in lei il carattere mediterraneo e la conoscenza dei classici europei. Così da attimi d’improvvisa ispirazione sono nati i suoi versi, pensieri e parole, che attingono a un’infinita quantità di immagini naturali per raggiungere, in breve, la vera meta dell’arte: un rapido contatto con l’eterno. «Ho bisogno di una Noia, non di una Noia qualsiasi/ ma di una Noia che mi serve», scrive Carmela Silvia Messina in apertura di poesia e noto quanto le sue parole appaiano tese a commentare se stesse. Il suo sguardo è presente, vigile dalla prima strofa all’ultima.

Carmela Silvia Messina è laureata in Filosofia. È autrice e curatrice di volumi e contributi di storia della scienza.  È stata relatrice in convegni nazionali ed internazionali. Ha insegnato come docente a contratto Integrazione tra Medicina Tradizionale Cinese e Medicina Occidentale, presso la Facoltà di Medicina della Sapienza. Un Soffio di eterno è il suo debutto nella poesia.